La Casa del Passato

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La morte improvvisa del padre, avvenuta in oscure circostanze, spinge la protagonista al duro confronto col proprio sofferto passato, nonché ad un incontro e ad una convivenza forzata con certi detestabili parenti. Il ricordo di avvenimenti dolorosi, fra cui due morti sospette intorno alle quali aleggia ancora, a distanza di anni, il più fitto mistero; il manifestarsi di uno sconosciuto con le sue scottanti rivelazioni; le invidie, le bassezze e le ripicche che serpeggiano in famiglia avvelenandone i rapporti umani, il tutto raccontato con l'inconfondibile e squisito umorismo anglo-torinese che caratterizza la produzione dell'autrice, fanno di questo romanzo uno spassosissimo thriller tragico-comico. Ogni supposizione del lettore, nella ricerca del colpevole, viene inesorabilmente smontata dall'autrice: il colpevole è, naturalmente, una persona al di sopra di ogni sospetto. Che cosa avrebbe detto in questo caso il noto e bene amato Hercule Poirot?

M.J.

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Andreina Bert, esperta di letteratura inglese e francese, vive e lavora a Torino come traduttrice. Ha pubblicato diverse opere di saggistica e articoli su riviste specialistiche, oltre ad una divertentissima raccolta di racconti al vetriolo intitolata "La materia dei sogni - Appunti sulla schizofrenia della vita quotidiana" e il romanzo ispirato ad un diario giovanile "Qualcosa deve avvenire - L'anoressia come ricerca della libertà" con la Laura Rangoni Editore. Vincitrice di vari concorsi letterari, fra i quali il Premio Pannunzio nel 1999, nel 2003 ha pubblicato, per le Edizioni Angolo Manzoni, il romanzo "Il nodo del tempo. Generazioni a confronto fra il secondo e terzo millennio", nel quale ci offre il caustico ritratto di una famiglia appartenente alla classe borghese acculturata, coi suoi valori infranti, nonché dei curiosi ma spietatamente realistici personaggi che vi ruotano attorno.
Nel bimestre luglio-agosto del 1997 ebbi il piacere di intervistarla per la rubrica Voci Negate.

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— Vorrei che fossero felici! - ho mormorato. Poi ho continuato a dipingere alzando ogni tanto gli occhi per vedere dove si trovavano in quel momento. Erano scesi dalla macchina e li scorgevo come due puntini che arrancavano su per il ripido sentiero pietroso e si avvicinavano alle cime nevose. "Ecco, fra poco saranno alla baita, - pensavo, - ora l'hanno raggiunta. Ci sono!"
Michael mi è rimasto accanto, tenendo fra le mani le pagine del suo dattiloscritto, e mi ha sfiorato con affetto.
Ho ripreso il pennello, ho guardato i colori amalgamati o accostati fra loro in modo vagamente impressionista, i verdi, i rossi, i gialli, i blu, e ho tracciato una linea (forse non molto retta), come quella di Lily Briscoe alla fine di Gita al faro di Virginia Woolf.
E Michael, come avesse seguito i miei pensieri, ha citato: - We perished, each alone. Ognuno di noi è morto solo, o deve morire solo. E' il destino dell'uomo credo: di essere solo di fronte alla morte.
E io ho visto chiaro per un secondo, nel mio quadro che forse sarebbe finito in soffitta, nella strada in salita che percorrevano i giovani pieni di gioia di vivere e di ideali altruistici, nella riga che avevo appena tracciato, simile alla vita che avevo trascorso fino a quel momento, una linea incerta in un mondo confuso e a volte... irreale.
Allora ho pensato: "E' fatto, è terminato, per ora sono stanca. Ma il nuovo è all'orizzonte. Ho avuto anch'io la mia visione".

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