La morte ha gli occhi dell'arcobaleno


Originale thriller psicologico dai forti toni drammatici: uno spietato serial killer sconvolge la tranquillità di una città del nord Italia...

M.J.

Presentazione

La quiete di una tranquilla città di provincia del nord Italia viene sconvolta dall'arrivo di uno spietato e geniale psicopatico che dà avvio a una serie di efferati delitti a sfondo religioso. In un crescendo di apocalittica violenza, di pari passo con le difficili indagini del capo della Squadra Mobile di Ravenna, un poliziotto umano e fallibile, procede la scabrosa, cruda analisi delle mille ambiguità della natura umana attraverso i deliri dell'inafferrabile serial killer.
"La morte ha gli occhi dell'arcobaleno" è un romanzo drammatico, appassionante e originale, ricco di ritmo e sensazionali colpi di scena, ma anche di risvolti umani e psicologici. Un thriller carico di suspense che si può raccomandare non solo agli appassionati del genere, ma a qualsiasi lettore che abbia voglia di tuffarsi nelle impetuose, gelide e oscure cascate dell'animo.

L'uomo con gli occhiali da sole aveva assistito alla scena provando un'improvvisa e crescente sensazione d'inebriante piacere. Era una sensazione sconosciuta, entusiasmante, meravigliosa... indescrivibile. Sentiva tutto il suo essere percorso da un senso di serenità e d'illimitata fiducia unito a una forte eccitazione dei sensi. Nulla di simile a un piacere di tipo sessuale; aveva piuttosto avvertito un'ignota felicità, un incredibile, smisurato godimento interiore, una sorta di sollievo fisico, concreto: puro benessere; era come se inaspettatamente fosse stato liberato da un peso opprimente. La testa gli pulsava, si sentiva euforico, galvanizzato, libero di gioire, contento come non era mai stato: uno yogi al cospetto del nirvana. Nessuna droga al mondo avrebbe potuto dargli un'ebbrezza simile.
Finalmente sapeva. Sì, ora sapeva cosa voleva l'Eterno Padre Onnipotente da lui. Tutto era deciso. Quello era stato il segno "annunciato" mandato dal cielo, un avvertimento e nello stesso tempo un comando, un imperativo categorico. Ne era certo: la prossima notte avrebbero parlato ancora lui e Dio. Tuttavia il significato del messaggio divino era già abbastanza esplicito. Non c'erano dubbi, avrebbe dovuto spargere del sangue: il rosso sangue dei peccatori. Per questo era stato scelto.
"Dovrò uccidere". Osservò quasi in estasi il denso liquido scuro che era rimasto appiccicato su una delle aguzze punte di ferro della cancellata e brillava funestamente alla luce solare.
"Dovrò uccidere". Avrai modo di apprezzare la genialità del tuo fedele apostolo, Signore, pensò. Lentamente un piano ingegnoso cominciò a prendere forma nella sua mente. Nitidissime, significative immagini surreali gli sorsero davanti agli occhi come proiettate su un immaginario schermo gigante. Concretò mentalmente ogni particolare, considerando in modo specifico i sette colori dell'arcobaleno: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Un progetto ambizioso, un'idea geniale. Sorrise compiaciuto. Era un piano audace, brillante, assolutamente perfetto, il suo. Non aveva tralasciato nessuna possibilità; sarebbe stato molto prudente, controllando attentamente ogni dettaglio. E non avrebbe fallito. Perché lui era l'eletto. Il giustiziere. Il vendicatore. Il carnefice. L'esecutore della giustizia di Dio. Avrebbe seminato il panico tra gli abitanti della città. Era inevitabile. Tutti i peccatori avrebbero temuto la sua collera. Avrebbe avuto l'onore della prima pagina sui giornali. Lui, lo Spettro. Proprio così.
"Dovrò uccidere". Era conscio del grande potere che gliene sarebbe derivato, il potere dell'annientamento. Era smanioso di agire, desiderava cominciare al più presto, anche subito. No, non subito... Non ancora. Perché affrettarsi? Meglio aspettare la notte e il momento propizio. Aspettare. Pazientare. Assaporare la bramosa attesa di una tremenda vendetta. Le tenebre lo avrebbero accolto con calore offrendo un ottimo nascondiglio. Il buio gli era amico, ne poteva udire i passi affrettati mentre gli camminava al fianco come una sposa felice, ne poteva gustare gli infiniti sapori aspri, poteva vederlo, aiutarlo, toccarlo.
"Dovrò uccidere". Sentiva l'odio irrompergli nell'animo e vedeva il sangue scorrere a fiumi. Prima o poi il Divino Governante gli avrebbe dato l'ordine di agire e quel giorno lui finalmente avrebbe potuto dispensare la morte. Già pregustava il momento imminente. Lo schema era pronto. Rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto: lo spettro solare. Gli tornò in mente un'eloquente frase della Bibbia: "Andate e versate le sette coppe dell'ira di Dio sulla terra". Gli pareva davvero appropriata.
"Dovrò uccidere". Aveva ottenuto accesso a Colui che è il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine, l'Alfa e l'Omega, che ha le chiavi della Morte e dell'Ade. Non avrebbe commesso errori. Sarebbe stato facile. Ce l'avrebbe fatta. (In effetti doveva farcela: non c'è legge al di sopra di Dio.)
E nessuno avrebbe capito. Mai.
"Dovrò uccidere". Avrebbe colpito nascosto nell'ombra, con al fianco la morte. Di lì a poco. Piano, in silenzio, senza pietà. Di lì a poco. Tutti quanti dovevano sapere che la venuta del millenario Regno di Dio era prossima.