La sindrome dello scorpione

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Una raccolta di sessanta brevi racconti dai toni quasi kafkiani, carica di simbolismi, che affronta argomenti di tipo esistenziale:

“In Africa è un gioco. Prendere uno scorpione e metterlo al centro di un cerchio di fuoco. Lo scorpione cerca una via d’uscita, ma ben presto si accorge di essere circondato dalle fiamme. Allora, sapendo di non avere via di scampo, rivolge contro di sé il suo pungiglione mortale.
Chissà chi si sta divertendo con noi. Penso al nostro gioco di tutti i giorni. A chi possa averci messo dentro questo cerchio di fuoco. Poi premo il grilletto”
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Qual è il destino dell’uomo? Che cosa ci attende dopo il trapasso, raggiunto quel buio capolinea al termine di un'amara esistenza trascorsa come burattini sospesi nell'immenso vuoto circostante? Chi decide come e quando spezzare il filo al quale siamo appesi e grazie al quale ci è concesso recitare una piccola ed insignificante parte in questa vita?
L'autoironia che l'autore dimostra nel tentativo di rispondere a queste domande appare un vero e proprio gesto di ribellione nei confronti della miseria dell’umana condizione.

M.J.

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Chi è l’autore?

Pierluigi Porazzi è nato a Cameri (Novara) il 20 marzo 1966 e risiede a Tarcento, in provincia di Udine. E’ laureato in Giurisprudenza ed è attualmente impiegato presso il Consiglio Regionale della Regione Friuli Venezia Giulia in qualità di Consigliere Giuridico Amministrativo Legale. Ha collaborato come giornalista con “La Vita Cattolica” di Udine, “Marvel Italia”, e collabora tuttora con il settimanale “Vita Nuova” di Trieste.
Molto impegnato anche in campo teatrale, sia come attore, sia come regista, ha collaborato con Pupi Avati in occasione del film “Festival”.
Vincitore del concorso “Premio Letterario Inedito L’Espresso”, indetto dal settimanale “L’Espresso”, ha pubblicato racconti sulle riviste “Achab” (Edizioni Bariletti, Roma), “Il Racconto” (Edizioni Crocetti, Milano) e “Star Magazine” (Edizioni Star Comics, Perugia).
Nel 1997 la Campanotto Editore pubblica la sua raccolta di racconti “La Sindrome dello Scorpione”.

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L’ultima opera.

Era un artista. Il che non significa che producesse opere d’arte.
Si può essere artisti senza farlo di mestiere. L’arte è idea, pensiero, sensibilità, immaginazione, intelligenza, non certo “mestiere”.
Aveva sempre cercato strade nuove.
Bucando le tele, in cerca di spazio per la sua arte.
Lasciando la pittura per creare forme espressive sempre più rivoluzionarie.
Sperimentando ogni possibile innovazione.
Ma i suoi tentativi risultavano vani.
Confondendo l’opera con l’artista si limitava alla ricerca di una pura forma priva di sostanza.
Si può essere artisti anche senza creare, ma l’opera d’arte deve avere vita propria, non può essere solo provocazione, né forma senza contenuto, e nemmeno contenuto senza forma.
Infine, in giorno, capì quale sarebbe stata l’opera d’arte definitiva, oltre la quale c’era solo il nulla. Il massimo che qualunque artista possa sperare di raggiungere, il suo testamento artistico. Dopo quello che aveva in mente nessun tipo di arte tradizionale avrebbe avuto senso.
Per quella che sarebbe stata l’ultima opera della sua vita scelse una tela enorme, grande quasi quanto una parete.
In basso attaccò una targhetta dorata, su cui era inciso il titolo: “L’Artista”. Quindi firmò la tela.
Poi impugnò la pistola e si sparò in bocca, avendo cura che ciò che usciva dalla sua testa si trasferisse solo sulla tela, senza disperdersi. Altrimenti, sarebbe stato un bel guaio, perché la sua ultima opera era sicuramente irripetibile.

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