Sono nato a Maddaloni, una piccola cittadina del Sud. Il mio cuore, però, non appartiene a questo mondo troppo terreno. Per questo motivo, ogni tanto, ho bisogno di camminare sulle nuvole per sentire il battito degli uccelli. Non ha senso per me parlare d' altro se non di poesia, di aria che entra nei miei polmoni, del sole che mi scalda gli occhi. La necessità della mia poesia nasce già dal mio cuore troppo bambino per arrendersi alla concretezza. Ho bisogno d' amore e "la penna e la carta" mi compensano di tante manchevolezze, di cui spesso ho colpa. Che cosa ho fatto finora nella vita e che lavoro faccio annoierebbe me, immaginiamo gli altri. Se qualcosa di me si vuole capire, basta leggere le poesie che ho scritto, per quanto spesso sembrano vivere di vita propria. L'unica cosa che vorrei dire di me è che sono piuttosto giovane e adulto e che probabilmente un giorno non scriverò più poesie. |
Dalla silloge "Gli Antichi Pirati" Le maschere Hai deciso di indossarle Queste maschere false Che ti maltrattano il viso Per sopravvivere a te stesso E non ti sei accorto Che te stesso Sta morendo soffocato E lo cerchi invano Tra le pagine di un libro e Un discorso intellettuale E lo cerchi invano senza vedere Che te stesso urla vendetta Perché sta morendo soffocato Sotto le tue maledette Maschere. Vane speranze Ali bianche e uccelli rapaci si abbracciano In un saluto ridicolo e si rincorrono Lungo strade deserte. Non sembrava così visto da lontano Un paesaggio di ampie speranze E di incontestabili ricchezze, eppure adesso non ci resta che ammettere che ciò che non abbiamo trovato ciò che non abbiamo avuto il coraggio di cercare l’ abbiamo comunque perduto. Fantasmi Volevo vivere una vita di stenti e nefandezze senza perciò capire il pianto delle streghe. Il bianco avrei portato e lunghi baffi d’ acciaio armi sotterrate nella coscienza e vive sensazioni d’ oro s’ incatenavano tra sé non perdetti nulla e nulla trovai se non uno spazio di libertà e sogno. Volevo vivere una vita di stenti e carezze non amavo la solitudine, ma di essa si serviva la mia anima per cacciare i fantasmi. Semplicemente avvilito e forte Di mille parenti neri ed avviliti lo sguardo di un poeta ti eccita sai cogliere la perfezione lì dove essa si nasconde e guardi il mondo com’è fatto senza ritegno né preconcetti fumi musica a pranzo e poesia a cena. La scelta di un destino impavido ti serve da sentiero nell’ oscurità di cui bene conosci l’ asprezza il dolore e la tenacia. Dietro il tuo sguardo coraggioso scopro il cuore di un Minotauro forte attento e deciso pronto a tutto per la verità Anime Guarderò il silenzio con aria soddisfatta osserverò il vuoto del cuore per rimpiangere i mille colori dell’ inferno e giaccio qui povero e stretto condottiere dell’ orrido e non serve il vostro plauso a conservare la mia dignità o il mio disprezzo fisso il cuore e l’ anima delle cose vedo oltre i muri con cento lingue diverse buffone e beffarde le osservo e rido capisco l’ immensità del tutto e me ne compiaccio stolto Pane E salvaci Dio buono da ogni male perché noi restiamo qui al buio e al freddo e gridiamo vendetta e sogniamo pane e amore e salvaci Dio buono che sei in alto nel cielo salva chi ti è figlio e non chi vuol fare di te un emblema e moriamo in silenzio giorno dopo giorno in silenzio e siamo soli e al freddo contro un mondo che ci odia spezza il pane ancora i tempi sono maturi Repressa e scalciante Tu credi che il tremore mi coglierà quando chiuderò gli occhi oltre lo spazio e la luce quando il senso di ogni parola sarà rivelato oltre ogni dubbio ed ogni sapere io riderò senza rimpianto della vostra sciagura che fu una vita ignave e silenziosa nascosta e fugace repressa e scalciante io riderò quando i miei occhi si chiuderanno il tempo non si ode da lontano e puoi solo avvertire il fruscio delle mosche cadere dagli alberi ed intersecare la morte tu credi che avrò paura quando l’ ultimo sorriso verserà sangue sulle mie labbra ed ogni sapore svanirà dalla mia testa come un mulo che scalcia il padrone io ti perdono Oltre l'orizzonte Tenebre io vi conosco attraverso il varco della notte vi esploro in silenzio e vi temo quando mi accorgo che intorno a me c’è un cerchio di fuoco che si stringe capisco allora che c’è sempre stato oltre l’ orizzonte un momento di pace in cui godere di un’ ingorda solitudine e amo il sudore della neve che si scioglie infime nullità senza preavviso io vi porgo la mano in cerca di pace in cerca di lode Marina Sagge parole di diavolo acque assatanate di sete ed infinite lugubri paure sentimenti improbi nel crescere e prati annaffiati di gioia stantie repressioni regali tormenti involuti tutto questo sei tu ed altro ancora dietro gli occhi ineffabili di una fata mordace e forte distruttrice ribelle goduriosa e vinta |
Dalla silloge "La Crociata dei Poveri" Un disoccupato Se non avessero creato i doveri del sangue Non avrei ora dovuto imparare cosa significa La fame e la disperazione Conoscere la vergogna dell’affitto Non pagato e di una moglie Crudele e dolce Che ancora mi chiede il pane Non è facile arrivare a fine mese Se non con la speranza che qualcosa cambi E allora dormi nel tuo letto Morbido Dove ancora puoi trovare un momento di pace E ricordare che sei anche uomo E che hai occhi per vedere Oltre che per piangere La disperazione di chi fece scelte sbagliate Non sapendo che nel mondo ci sarebbe stato Chi avrebbe gettato nel pozzo tutti i suoi sogni Senza parlare dei miei figli Giacchè chi giovane chi meno Mi guardano con pietà Come a dire che a un pover uomo Non va fatta giustizia Se non in caldi pomeriggi di sole E alcool Dove conoscesti il senso vero del sudore Posticcio E della sensazione di lutto Nel cuore Avessi saputo che le scelte sbagliate Portano all’inferno dei vivi e dei reietti Non avrei goduto di qualche momento di piacere E di rozza solitudine Non avrei amato mia moglie e i miei figli Per altri porti sarei partito E avrei lavorato in qualche cambusa A cucinar per i signori Veleno a colazione E fame a cena Per far conoscere a chi fu più furbo di me Il significato dell’arroganza e della falsa ironia Che cade a pioggia su di me E sui miei compagni dannati Per non aver fatte sempre scelte giuste
Non fosse stata altra che notte La notte Io l’avrei vista senza i cani che abbaiavano Alla Luna La crescente insoddisfazione del mezzo Di una vita ingorda e senza dubbio nefasta Volevo solo amare Ma non mi fu certo concesso Di abbandonare me stesso per le vostre storie Senz’altro migliori e meno aride Sul balcone della mia strada Ne vidi passare molte di processioni Le donne scalze con le loro lettere in mano Dove i loro peccati erano perdonati Ma non ad uno scemo Perdoneranno gli errori di una vita felice Abbracciato a prostitute di colore E a credere in una politica non proprio di qualcuno E sbocciavano fiori allegri sulle vie della mia strada Della mia vita I fiori allegri di uno scemo Perché la poesia non seppi mai leggerla Con i piedi tremolanti sulla sedia che mio nonno Manteneva a stento e mi guardava Profondamente felice e soddisfatto E non seppe mai che nel cuore ebbi segreti profondi Io che scemo vedevo ancora il mondo Senza dolore e senza peccato
Di altre piante carnivore Pensavi al cielo e ai colori dell’ orizzonte come a fantasmi lontani Vedevi con chiarezza l’ infinita incertezza del mare Quando furiosa calava la notte E sugli scogli si imbrunivano le alghe e i pensieri Degli amici fraterni Così guardati altrove oltre le stelle nell’ azzurro di un cielo Ormai remoto Ormai spento Nei tuoi occhi di giovane fanciulla innamorata e sola Cantavano le anatre nel cielo e non gridasti perdono Quando sentisti le corde del cuore spezzarsi d’ incanto Tra le rime di una poesia non giovane e le lame D’ acciaio che percorrevano il tuo corpo Io so del tuo dolore antico e non ne presto il pensiero Ad altri moti Regalando gioia a chi ne pensò altre Di paure inesatte e Di verità inespresse
Paesaggi d’ombre su ignobili ritratti |