Incontro con Erico Macrini

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Sono nato a Bùlach (Zurigo) il 20 maggio del 1961 e vivo in Toscana, ad Albinia, nel comune di Orbetello, in provincia di Grosseto. 
Non ho mai pubblicato i miei testi ma spero che ciò avvenga presto, con l'intenzione di sensibilizzare sempre più persone alla grande potenzialità che ogni essere umano ha dentro di sé, cioè una esagerata bellezza, una grande umanità che prima o poi porterà alla creazione di una società pacifica sostenuta dallo sviluppo dell'educazione, della cultura e dall'interesse per l'altro.

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Parole Silenziose

Poesie inedite di Erico Macrini

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la follia   (1978)
 
qualcuno ha scritto cha la follia
è un sentimento nato da un amore
sputato per terra da un lord inglese
che s’era illuso e poi ha assaggiato
come un balbuziente l’amara delusione.
qualcuno ha detto che la follia
è una capanna di stuoie marce
color verderame in mezzo al deserto
dove il sole è odiato come un viscido rettile
dove la luna è amata come un dolce corpo
là dove non c’è tempo per le dolci effusioni
là dove non c’è tempo per parlare d’amore.
qualcuno ha sognato che la follia
è come una donna che donna non è
che prende e dà senza alcun pudore.
qualcuno ha letto che la follia
è immersa dentro noi ed esplode quando
ti senti soffocare dall’odio o dall’amore
o dall’umidità delle paranoie quotidiane.
ma la follia sono io
 la follia è casa mia
la follia è nella mente mia
 la follia è il rancio mio
la follia è il vestito mio
io mi vesto di follia
dal tramonto all’alba
notti folli o…
…semplicemente tue.



gli “habitué”   (1978)
 
la stazione di notte
sembra un malinconico
palcoscenico dell’esistenza
popolato dagli “habitué”
come beppe il postino
da dieci anni tutte le sere
va alla stazione alla solita ora
guarda i treni partire
e ogni notte si illude
di partire un po’ anche lui
poi triste torna a casa
ripone la valigia e i sogni.
la vecchietta vestita di bianco
ha perso un figlio tempo fa
in uno scontro ferroviario
consulta sempre l’orario
e si illude che suo figlio
un giorno  l’altro arrivi.
“frana” l’invecchiabile
non è più del tempo suo
con una faccia senza storia
di una vita mai vissuta
anche lui è uno di loro
gli “habituè” della stazione.



chi mi guarda… mi vede   (1979)
 
chi mi guarda… mi vede
scherzare innocentemente
coi sorrisi di cartone
camminare per le strade
acconciato come un barbone
un viso ironico una smorfia
mentre urlo un’idea
nella piazza delle fate.
ma loro non sanno che io
mi sento maledettamente vivo
in questo pazzo mondo
nel quale mi confondo.
chi mi guarda… mi vede
sussurrare ad un peluche
nella cantina del vino
giocare a poker da solo
chissà se baro con me stesso.



che miseria   (1980)
 
che miseria quando credi
di essere bello ed eroe moderno
perché hai vissuto per un attimo
un incantesimo con l’altro sesso
e poi vai subito al solito bar
a raccontare agli amici l’avventura
con qualche aggettivo in più



il vecchio saggio   (1981)
 
il vecchio saggio mi disse
se vuoi essere forte
non tradire mai la verità
sarebbe come tradire te stesso
la verità è la tua libertà
se tu tradissi la verità
che animale saresti?
in questo mondo distratto
in molti saranno quelli
quando aprirai gli occhi
che cercheranno di nasconderti
con sorrisi indifferenti
la vitalità della tua libertà.



acqua   (2005)
 
acqua che ti bagna
ti stimola nuove seduzioni
come la vita non ristagna
acqua che si infrange
sullo scoglio delle paure
con più forza mi tuffo
ad esplorare il mio mare
acqua nei ricordi eterni
l’abbraccio del liquido amniotico
ancora una potente possibilità
acqua che riempie ogni forma
fragile come una lacrima
impetuosa come l’oceano
acqua che si trasforma
con affetto per abbracciare
ogni vita e ogni ambiente
che stimola la fantasia
nel movimento di un bambino
che sfida una pozza d’acqua



piede di porco   (2005)
 
voleva scardinare la sua vita
con sguardo sudato e assente
incrociò gli occhi del commesso
che irridevano la stupidità
l’uomo chiese un piede di porco
gli fu risposto “ che numero hai?”

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