Intervista a Eleonora Heger Vita

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Tratto dalla rubrica Arte-Voci Negate di "Vuoto Negativo", Associazione Culturale Telematica Arsnova, bimestre marzo/aprile 1997.

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Eleonora, la sua opera è stata definita "un giallo d'antiquariato a tinte pastello", in essa affiora anche un'analisi della società dell'epoca in cui è ambientata la vicenda. Vorrebbe presentarcela?

Il mio romanzo viene definito "giallo d'antiquariato a tinte pastello" perché è ambientato in un'epoca non molto frequentata per l'ambientazione di un romanzo giallo, anche dopo che l'esempio de 'Il Nome della Rosa' e dei romanzi di Ellen Pargiter ha dimostrato che si può unire il gusto della 'detection' a quello dell'ambientazione storica. Perché il Settecento? Perché è un'epoca di molti fermenti intellettuali e istanze sociali, dove la grazia della vita aristocratica e artistica è resa tutt'altro che frivola dalle nuove istanze sociali. Il Settecento milanese, poi, appare particolarmente vivo e attivo, sia in campo economico che sociale: basti pensare al libro del Beccaria e alla Satira del Parini, l'unico forse socialmente impegnato dei nostri grandi poeti.

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Nel suo romanzo il ruolo dell'investigatore è affidato all'abate Molteni, precettore presso una nobile famiglia milanese. Una scelta originale. L'abate è un uomo risoluto, che non esita ad andare oltre il suo ruolo di maestro per indagare e risolvere il caso. Il suo carattere emerge chiaramente da queste poche parole:
"Dovrete fare dei miei figli" aveva proclamato il Conte, "dei veri gentiluomini".
"Ne farò", era stata l'altera risposta dell'abate "dei veri uomini".
Egli è anche un uomo "combattuto", che si fa degli scrupoli: "... pereat mundus, sed fiat justitia. Sarà, ma quanto mi costa questo amore della giustizia. Qui si tratta di sacrificare o l'amico o i poveretti che si sono rivolti a me come unico baluardo contro i pregiudizi sociali e la sventura."
Eleonora, ci parlerebbe di questo personaggio?

Già, l'abate Molteni. Il precettore di casa, spesso un giovane prete alle prime armi, è una figura caratteristica del Settecento. Parini, appunto, incominciò la sua carriera così e non bisogna dimenticare la terribile satira dell'Alfieri sull'educazione, quella che incomincia "Signor Maestro, siete voi da messa?" dove la situazione a metà fra il servo e il sacerdote viene descritta con la consueta ferocia alfieriana. Come lei giustamente osserva, il mio protagonista è un personaggio complesso, combattuto fra il dovere di giustizia e la gratitudine per la famiglia, che in modo molto più umano di quello descritto dall'Alfieri, gli dà da vivere. E' un uomo diviso appunto fra le lealtà tradizionali alla classe dominante e il desiderio di rendere giustizia agli umili. A questo punto negare che il mio modello sia il Parini sarebbe inutile: il Parini nella cui biografia c'è un famoso episodio in cui, rischiando il comodo impiego in casa Serbelloni, si fece paladino di una istitutrice licenziata. Mi pare di esser riuscita a conferire a questo personaggio un tratto che mi è caro: un amaro senso dell'umorismo.

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Veniamo ora alla vittima dell'omicidio, Sir John Gilpin, personaggio che sembra incarnare i vizi e le debolezze di una classe sociale: l'aristocrazia inglese dell'epoca. Nel romanzo facciamo la sua conoscenza dopo che è già stato assassinato... che cosa può dirci di lui?

La vittima dell'omicidio non è certo un personaggio simpatico: riassume in sé tutti i tratti del Rake dei quadri di Hogarth. I caratteri negativi che gli ho attribuito derivano tutti da letture inglesi. Il Settecento inglese è stato un secolo meraviglioso per cultura, arte, intelligenza, ma dalle cronache e dai quadri si ricava anche questo aspetto di libertinaggio e sfrenatezza. Quanto al giuoco d'azzardo, sappiamo che era un vizio da cui non andavano esenti anche gli "spiriti magni" come James Fox. Anche i Vauxhall Gardens, dove il seduttore promette di far cantare la sua probabile vittima, sono una realtà della Londra settecentesca. Io mi sento molto di casa nella Londra del secolo dei lumi, perché ho letto una quantità di romanzi, sia scritti nel Settecento, sia ambientati nel Settecento da scrittori e critici posteriori.

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E l'ingenua Caterinetta, una ragazza un po' civetta e sprovveduta? Personaggio attuale; quante ragazze, ancora oggi, abbagliate dalla prospettiva di una folgorante carriera nel mondo dello spettacolo, cadono facili vittime della lusinga, s'illudono e si lasciano abbindolare da individui senza scrupoli...

Caterinetta è l'unica figura femminile del romanzo. Mi pare di essere riuscita a farne un personaggio a tutto tondo, non, per usare le parole del Manzoni, "una madonnina infilzata". Civetta, superficiale, oca al punto di lasciarsi abbindolare, come Lei dice giustamente, allo stesso modo delle ragazze d'oggi che aspirano alle glorie televisive, dalle promesse dell'infido John, ma fondamentalmente onesta e leale.

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Edgar Allan Poe è considerato il padre della detective story... che cosa è cambiato, in questo genere, dai tempi de "The Murder in the Rue Morgue" e "The Mystery of Mary Roget"?

Ci sono giallisti inglesi ancora più antichi di Edgar Allan Poe, ma certamente il maestro di tutti noi è proprio lui, che ebbe perfino l'onore di essere tradotto in francese da Baudelaire. Che cosa è cambiato nel giallo da allora? Beh, prima di tutto bisogna dire che il giallo è un genere letterario multiforme: oggi si va dal giallo storico, talvolta cruento come 'Il Nome della Rosa', talvolta più tranquillo come quelli di Ellen Pargiter, fra i quali ce ne sono alcuni che pur presentando un interesse vivissimo nell'investigazione, non hanno né il morto né l'assassino, fino ai gialli americani spesso violentissimi e sanguinari.

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Quali sono per lei gli "ingredienti" necessari per scrivere un buon romanzo giallo?

Gli ingredienti necessari per scrivere un buon romanzo giallo? Prima di tutto una situazione che coinvolga in qualche modo il lettore e gli faccia desiderare di giungere egli stesso alla soluzione. Devo però dire che certi gialli di ambiente e di carattere, come quelli tedeschi dell'Ispettore Derrick, attirano potentemente l'attenzione del lettore non sul "chi l'ha fatto?" ma sull'ambiente, sull'abilità del detective e sulle sue doti umane. Poi una certa caratterizzazione dei personaggi: il lettore ci si deve affezionare e parteggiare per loro. Poi, ma questa è una mia preferenza che mi ha sempre fatto scartare quei gialli in cui il detective stesso non è una persona per bene, il detective dev'essere non solo amabile e intelligente, ma anche onesto e simpatico. Anche quando lavora per lucro dev'essere scrupoloso e onesto.

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A questo punto, potrebbe parlarci un po' di lei... chi è la "signora in giallo" Eleonora Heger Vita?

Grazie per avermi chiamata "la signora in giallo" che richiama la simpaticissima figura della protagonista della fortunata serie televisiva. Sono soltanto una vecchia prof. di inglese che è stata combattuta tutta la vita fra due amori (parlo naturalmente degli amori intellettuali): quello per la lingua, la vita, l'arte inglesi e una preparazione universitaria di lettere classiche, con relativa passione per le lettere antiche e moderne. Ho detto amori intellettuali, perché la mia vita affettiva è stata incentrata su un marito medico, che purtroppo adesso non c'è più, e sui miei figli.

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Lei è originaria di Torino e vive a Milano da molto tempo. Che cosa ha conservato dentro di sé della sua città natale?

Ho conservato della mia città natale un certo amore della "clarté", delle strade dritte a preferenza di quelle storte, sia metaforiche che reali, e una certa dose di "lessico familiare" in cui i vecchi detti piemontesi si mescolano a quelli meneghini. Del resto mia madre, che era fiorentina, era cresciuta a Milano e conosceva dialetto e detti milanesi.

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Per quale motivo è sentimentalmente legata all'Inghilterra?

Ho sempre amato l'Inghilterra, da quando, ragazzina, ho incominciato a studiare l'inglese. La lingua, la storia e lo spirito di quel Paese, per allora, eravamo in guerra, una specie di isola dell'ideale e del sogno, mi hanno subito affascinato, come se destassero in me un'armonia di affinità elettive. Più tardi riuscii, grazie alla generosa ospitalità di amici inglesi, a realizzare il mio sogno. E la realtà corrispondeva al sogno. Cosa che si verifica assai raramente. Mi innamorai a prima vista della Gran Bretagna. Riuscii a passarci dei lunghi periodi, lavorando per molto tempo alla Italian Section della BBC e più tardi insegnando il latino in una scuola scozzese. Ho passato in Gran Bretagna periodi felicissimi, e ancora adesso il mio legame con quel paese non si è allentato. Appena posso vi trascorro qualche periodo di studio e di vacanza.

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So che sta scrivendo un nuovo libro... ci anticiperebbe qualcosa?

Il nuovo libro 'Chi ha ucciso la bellezza?' ha per protagonista lo stesso detective, il buon Molteni, ormai vecchio. Infatti l'evoluzione sociale che si preannunciava ne 'L'Impietosita Eco' è andata avanti: c'è stato Napoleone, è arrivato il classicismo, e l'azione del romanzo adombra un fatto realmente accaduto e che ispirò al Foscolo una delle sue odi "collana di cammei": 'A Luigia Pallavicini caduta da cavallo'. Molto di più non voglio rivelare ai miei futuri lettori, per non toglier loro il gusto della detection. Augurarsi che siano almeno venticinque è un atto di superbia, perché vorrebbe dire mettersi sullo stesso piano del Manzoni. Per carità!
Spero che le notizie che le ho dato siano esaurienti, e la ringrazio di avermi fatto delle domande così pertinenti e stimolanti.

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