Intervista a Marina Conti

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Tratto dalla rubrica Arte-Voci Negate di "Vuoto Negativo", Associazione Culturale Telematica Arsnova, bimestre settembre/ottobre 1996.

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E ora, veniamo all'autrice di "Notturni di Grecia"... Marina, prima di porti una domanda che rivolgo a tutti i poeti che incontro e che riguarda il significato che ognuno attribuisce alla poesia, vorrei chiederti di presentarci la tua silloge, illustrandoci le motivazioni di questa tua scelta letteraria.

"Notturni di Grecia" è una silloge che comprende in tutto venti poesie, da me composte lo scorso anno al ritorno da una vacanza nel Peloponneso e successivamente presentate al concorso letterario "Anais Nin", bandito da Laura Rangoni Editore nei primi mesi del '95 e conclusosi a dicembre dello stesso anno, con l'assegnazione alle mie liriche del terzo premio. Al momento della loro pubblicazione l'editrice ha deciso che fosse effettuata la traduzione in neoellenico in modo da poterle presentare anche ai lettori greci.

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Vedo che la traduzione è manoscritta e la raccolta illustrata... vuoi parlarci anche di queste iniziative che sono piuttosto originali?

L'idea di far manoscrivere la traduzione è nata per caso osservando la "calligrafia" del traduttore, sicuramente di maggior impatto estetico rispetto alla semplice dattiloscrittura, mentre le illustrazioni, che riproducono una serie di paesaggi da me descritti all'interno delle liriche, sono il risultato del sapiente lavoro di un amico italiano che, quando il lavoro di operatore turistico gli lascia tempo libero, si diletta di pittura.

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Raccontaci di questi paesaggi che tu sai fare rivivere così bene nelle tue liriche...

I luoghi a cui faccio riferimento nei "Notturni" sono i dintorni di Pylos, un'antica città del Peloponneso, cantata da Omero nel primo canto dell'Odissea, in cui, a detta di molti, il connubio fra natura e archeologia è assolutamente inscindibile e perfetto.
Partendo da presupposti classicheggianti sia in senso descrittivo che stilistico, frutto della mia formazione scolastica, nella mia raccolta ho comunque anche tentato di evidenziare, con una certa delicatezza di accenti, l'aspetto più tipicamente umano della mia esperienza greca. L'amicizia con la gente del paese, la vita nel villaggio in cui mi sono sentita non solo "turista per caso", sono stati i temi da me trattati, con la complicità di luna e stelle che nel mese di agosto non risparmiano emozioni. Ho cioè tentato di presentare questa mia esperienza come un momento non solo di svago estivo "tout court", ma come uno spaccato di vita personale in un paese di cui ci si dovrebbe interessare non solo degli aspetti turistici ma anche e soprattutto di quelli culturali odierni, che sono ricchi ed interessanti quanto quelli della cultura classica.

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A questo riguardo, Marina, puoi dirci qualcosa del tuo interesse nei confronti della cultura e, più particolarmente, della letteratura greca contemporanea che, se non sbaglio, è assai poco conosciuta all'estero?

Questo tipo d'interesse è nato in me insieme alla constatazione che la Grecia è un Paese che, pur essendo erede di una grande tradizione culturale, non vive di luce riflessa ma produce attivamente interessanti esperimenti in cui, oltre alla rielaborazione di formule letterarie tradizionali, si assiste alla continua espressione di temi originali, che attengono esclusivamente alla realtà attuale.
Come ex-studentessa del liceo classico, fino all'anno scorso, anch'io conoscevo solo gli autori dell'antichità, ed alcuni Nomi attuali di grande risonanza, come Katzanztzakis, Vassilikos, Ritzos e Kavafis. Il mio incontro con la letteratura greca contemporanea è avvenuto comunque con la mediazione della musica, dal momento che in molte canzoni sono riprodotti versi di grandi autori contemporanei che, per il loro straordinario lirismo, non hanno nulla da invidiare a Saffo, Alceo, Anacreonte e che, come ripeto, sono purtroppo sconosciuti non solo nel nostro Paese, ma anche nel resto d'Europa.

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A che cosa attribuisci questo disinteresse per la cultura greca moderna?

Ad una serie di motivi, fra cui il problema linguistico che sicuramente non favorisce la diffusione oltre confine delle opere letterarie attuali, oltre ad un'attenzione a mio avviso piuttosto eccessiva, da parte delle scuole e degli ambienti culturali europei, verso la cultura classica; a questo si aggiunga il fatto che sempre in ambito europeo vengono quasi esclusivamente esportati e importati i prodotti culturali dei paesi di grande impatto economico e territoriale. Per questi motivi la Grecia si configura solo come la patria del classicismo o il paese ideale per vacanze felici, con la complicità del sirtaki o col gusto dei piatti della cucina tipica. Nessuno vuole negare anche questo tipo di suggestione, ma rimane il fatto che esiste anche un discorso culturale ben preciso ancora ignorato non solo dalle masse, ma anche dalla maggior parte degli intellettuali europei.

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Secondo te è necessario promuovere questo interesse?

Nel corso delle manifestazioni collegate al Salone del Libro tenutosi a Torino dal 16 al 21 maggio di quest'anno, dove l'editrice Rangoni ha presentato, insieme ad altre opere, anche la mia raccolta poetica, il problema della diffusione delle culture letterarie dei paesi "minori" è stata considerata nei suoi aspetti più significativi e complessi. A rappresentare la Grecia, in una conferenza riguardante il "particolarismo", era presente Vassilis Vassilikos, autore del celeberrimo "Z, l'orgia del potere" da cui Costas Gravas ha prodotto un altrettanto celebre film; Vassilikos ha sottolineato proprio la necessità, al fine di una maggior integrazione culturale dell'intero continente, di diffondere tutte le culture, anche quelle espresse da lingue "senza parentele nel mondo".

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Dunque la cultura greca moderna può essere cosiderata una "Cenerentola" nel panorama letterario europeo. Anche la poesia potrebbe essere considerata allo stesso modo nel panorama letterario di molti, se non di tutti, i paesi europei. Marina, tu che cosa pensi della possibilità di una sopravvivenza della poesia nel mondo attuale, in cui la vita sociale è influenzata dall'esclusiva ricerca del progresso tecnologico e del massimo sfruttamento della velocità e della razionalità? Che cosa significa inoltre per te "poesia" ed essere poeta in questa realtà?

La poesia è forse sempre stata considerata un genere "difficile", perché condensato ed emozionale, per il quale si rende necessaria una forte disponibilità, oltre alla partecipazione interiore, da parte del lettore. Abbandonarsi all'emozione non è facile, o almeno, non è facile per tutti. Se è vero il fatto che, secondo l'eccezione greca del termine, poesia è creazione, le immagini che vengono evocate, anche se di tipo "esterno", ossia riferite alla realtà percepibile con i sensi, hanno comunque un forte riscontro nell'interiorità del poeta stesso.
Tali immagini sono atomi di sentimenti, di amore, dolore, solitudine, desiderio, talvolta esplicitamente rivelati, altre volte camuffati o semplicemente consegnati alle interpretazioni emozionali del lettore quasi senza commento da parte dell'autore. La poesia è il genere che, a mio avviso, presuppone il maggior legame emozionale fra auore e fruitore, proprio per la necessaria sintonia che questo implica.
Per me essere poeta significa comunque esprimere, con l'inevitabile ausilio di immagini esterne ed interiori, momenti della mia vita profonda, nella speranza di poterli partecipare agli altri e nella virtuale attesa di una rielaborazione da parte di potenziali lettori in sintonia con i messaggi proposti. A mio avviso, per essere veramente poeta "lo scrittore di immagini" dovrebbe avere la possibilità di dialogare con i suoi lettori, alla ricerca di una migliore autoconoscenza ed autocomprensione.

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Quindi, poesia come discorso allargato, inteso come scambio emozionale fra autore e lettore. Un'idea che certamente è in linea con la peculiarità del genere, ma è difficile da sostenere come proposta concreta, soprattutto nei suoi risvolti commerciali... giusto?

Purtroppo sì. La poesia, cenerentola, voce negata del panorama letterario, mal si adatta ai meccanismi del mercato. Proprio perché emozionale si pone controcorrente rispetto alle esigenze di società convinte solo della validità di messaggi economici e tecnologici, in vista di improbabili progressi di umanità sempre più deprivate dei loro sentimenti.
L'editoria, soprattutto quella che conta, conosce bene le esigenze del pubblico e cerca di favorirle, proponendo o riproponendo opere che sono la copia letteraria dello stile di vita di molti individui. Fortunatamente, alcuni piccoli editori, fra cui Laura Rangoni (forse perché lei stessa poetessa) credono ancora nel valore della poesia anche come mezzo riequilibrante rispetto alle tendenze di cui si è detto.
Purtroppo, però, la forza e l'impatto della piccola editoria sono decisamente inferiori a quelle dei grandi colossi, ma è pur sempre una piccola fiamma che forse consente di mantenere vitale questa splendida invenzione del sentimento umano. Ma fintantoché i grandi editori non si decideranno a promuovere su vasta scala e seriamente iniziative e manifestazioni volte a sensibilizzare sempre più vasti strati di pubblico, che ignorano l'importanza, il valore e talvolta la bellezza del linguaggio poetico, temo che la lirica sarà destinata ad un ruolo sempre più marginale nel panorama letterario attuale.
Se voce negata è quella dei grandi poeti, per il disinteresse del pubblico, a maggior ragione voce negata quella dei poeti "minori", esordienti e no, che affacciatisi al mondo letterario o semplicemente non ancora "voci" significative di esso vedono spesso vietata a priori la possibilità di esprimersi nella maniera a loro più congeniale, per il disinteresse generico e specifico di editori solo alla ricerca di opere ed autori "sicuri". La mia partecipazione ad un certo numero di concorsi poetici, in cui le mie poesie hanno ottenuto positivi riconoscimenti, mi ha purtroppo dimostrato che spesso gli autori non vengono minimamente considerati per il loro valore ma solo in funzione di un mercato che tuttavia è quasi inesistente e per entrare nel quale viene spesso addirittura richiesta una significativa compartecipazione economica alle spese di pubblicazione. Conclusione ben triste per chi predilige questo genere espressivo e crede di conseguenza nel valore della spiritualità, dell'interiorità e del sentimento. Nonostante le difficoltà attualmente esistenti, credo comunque che solo attraverso le "voci negate" la poesia possa ancora sopravvivere come genere letterario, in attesa di una rivalutazione che forse non arriverà mai ma in cui bisogna credere come in altri valori riconducibili all'universo interiore dell'uomo".

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