Incontro con Gianluca Frangella

*

Mi chiamo Gianluca Frangella e sono nato a Roma il 10 marzo 1980. Ho frequentato la scuola media superiore presso l'Istituto Industriale Blaise Pascal. Ho vissuto la mia vita diviso tra le due città di Roma e di Viterbo. In quest'ultima mi trasferii con la mia famiglia a circa dodici anni. Scrissi questo racconto all’età di diciassette anni e fui ispirato da un pensiero che rivelai ad una ragazza che sentivo di amare. Lei mi diceva tante belle parole e voleva convincermi a stare insieme a lei. Io le rispondevo che mi sembrava di essere in cima ad un muro altissimo e di sentirla implorare dal basso di saltare.

Lei disse che mi dovevo fidare e, riprendendo il mio pensiero, rispose esattamente:

“Salta, perché è proprio questo che voglio”.

Mi fidai, e dopo cinque giorni di “fidanzamento” la vidi baciarsi con un altro...

Riguardo la mia vita, posso aggiungere che ho subìto di queste vicende per più d’una volta, fino a quando ho deciso di lasciare Roma, che mi andava troppo stretta. Ho sofferto molto per questa scelta, poiché non sono riuscito, tuttora, a convincere i miei che nulla è dipeso da loro. Adesso ho ventiquattro anni e da due anni vivo da solo a Milano. Vorrei trovare un lavoro (sono disoccupato) e sarebbe il realizzarsi di un sogno se riuscissi a fare un mestiere inerente la scrittura. Alcuni miei componimenti sono stati pubblicati presso il sito “Confidenzialmente”.

*

L'ANGELO

Ero seduto ai piedi di una grossa pianta che nasceva su di un colle; andavo lì quando mi sentivo solo e triste, perché in quel posto ritrovavo la serenità e il benessere. Il vento era molto forte in quel punto poiché situato su di un crepaccio alto moltissimi metri. Da lì potevi ammirare tantissime cose belle: il lago in lontananza, il piccolo paese situato ai piedi del colle e le miriadi di case che in gruppetti adornavano, qua e là, boschi e campi, pianure e montagne. Gli uccelli giocavano in aria felici di saper volare e di potersi godere in ogni istante la bellezza della vita. Alcuni di loro parevano esser stati disegnati da madre natura in persona: restavano immobili nel cielo, lasciando che il vento li sostenesse, quasi come un genitore tiene in braccio il proprio figlio. Nell'ammirare quello splendido spettacolo, mi uscì una lacrima di commozione e nacque in me un dolce sentimento, un’intensa emozione, e fu allora che comparve dal nulla una leggiadra e giovane donna. Era splendida e indossava un leggero abito bianco; i suoi occhi erano puri e dolcissimi e il suo viso era così bello che lo stetti ad ammirare a lungo colmo di stupore. Venne dal nulla; venne dal cielo e disse:

"E’ proprio tutto questo che ti fa star bene? È proprio il sogno di poter volare che ridona al tuo triste cuore la forza di quel semplice sorriso? Allora, non aver paura, prendi la mia mano e lasciati guidare nell'infinita bellezza della vita."

Mi alzai e quasi mi convinsi, ma poi dissi:

"Non posso seguirti: io non so volare. Ho paura di cadere dall'alto dirupo e di morire. Il solo pensiero mi rattrista. È come se mi potesse rendere consapevole di perdere tutta questa bellezza, la meraviglia che ogni dì mi rasserena la mente e mi culla dolcemente l’anima. Il sole che mi riscalda, il vento che mi accarezza la pelle come fosse un lieve sospiro, gli uccelli che cinguettano quasi volessero dedicarmi le loro canzoni d’amore e di gioia. Mi spiace, ma non sono abbastanza forte da poterlo fare."

Pensai molto a quel che mi era accaduto in quel giorno: mi chiedevo di quella giovane; da dove ella fosse venuta; se era il frutto della mia fantasia, un sogno fatto ad occhi aperti oppure se tutto ciò era accaduto realmente. Non riuscii a fare a meno di pensarla. Il cuore iniziò a battermi forte e sentii che per lei stava nascendo un sentimento profondo. Decisi così di mettere ordine fra i miei pensieri e mi convinsi che mai avrei potuto prendere il volo. Mi ritrovai di nuovo in quel luogo per me sacro; mi accostai al crepaccio e, guardando in basso, osai poi volgere lo sguardo in alto, rivolto al cielo. Sentii scorrere dentro di me l’intensità della vita: sembrava che si fosse messa in accordo con l’aria e, respirando essa, respiravo la vita. Non riuscii a contenerla ed esplose con un sorriso. Mi gelò il pensiero di voler provare a saltare: fu come l’arciere, che con la sua freccia sa colpire al centro il suo bersaglio, ma la paura mi fece ancora esitare.  Ad un tratto, dinanzi a me, comparve quella celestiale e angelica creatura. L’incantevole bellezza del suo volto la ritrovai scolpita nei miei pensieri. Prendendo la mia mano, mi portò sotto l’enorme albero. Sedemmo vicini e lei posò il suo capo sulla mia spalla. Appena s'incrociarono i nostri sguardi, ebbi il desiderio di baciarla; così feci e fui subito attraversato, per tutto il corpo, da un brivido di passione tanto intenso che mi girò il capo, per via di quel bacio travolgente. Mi ritrovai sul suo splendido corpo nudo. Tutto accadde così velocemente ed io, con lei sotto, non riuscii a controllare più la mia mente; sobbalzò via da ciò che stava per accadere. Fu come se, per essa, non si fossero uniti due corpi, bensì due atomi, dando vita ad una devastante esplosione, con l’unica differenza che non ne derivò un totale sterminio, ma una gioiosa rinascita: la nascita dell’amore.  Lei si alzò, andò verso il dirupo, si gettò. Scomparve di nuovo nel nulla. Nessuna paura, questa volta, conquistò il mio cuore: ci fui solamente io, il mio destino e un mite sorriso rivolto al sole. Persi la ragione e il controllo del mio corpo; mi alzai e mi fermai a guardare il volo di un'aquila e, senza rendermene conto, mi lasciai cadere nel vuoto della vita mia, nell'oscurità di ciò che sarebbe successo, con in mente il soave pensiero di poter volare e in cuore l'amore per una creatura che dal nulla vidi arrivare e nel nulla vidi sparire. I piedi non sentirono più la stabilità del terreno, le mie gambe le sentii leggere e ad esse, dopo un brevissimo istante, seguì la leggerezza di tutto il corpo. Mi lasciai alle spalle il passato e vidi avvicinarsi velocemente uno splendido futuro. Chiusi gli occhi e apersi le braccia al vento, proprio come quell’aquila; e, nel precipitare verso il suolo, fui certo che stavo volando. E fu proprio come me lo ero da sempre immaginato:"inenarrabile". Mi chiesi tantissime volte come sarebbe stato farlo. Moltissime volte mi accostai a quel dirupo e, guardando verso il basso, con leggero tremore e un sorriso di paura, sospiravo dicendomi che sarebbe stata un'emozione insostenibile. Mi accorsi, però, che il mio non fu il volo di un uccello, bensì il precipitare a terra di un uomo; non fu la libertà e l'essere padroni del mondo, ma l'avvicinarsi della fine e la perdita del sapere, l'avvicinarsi del mistero. Perché proprio la mia vita aveva scelto quella fanciulla? Perché proprio la mia anima decise di prendere?

Comparve all'improvviso e disse:

"Mi dispiace: credevo che saresti stato in grado di volare in alto nel cielo... proprio come me. Dentro il cuore ho avuto il desiderio di realizzare un tuo sogno e di renderti felice... mi spiace... perdonami."

"Perché proprio me? Perché proprio la mia vita?" le chiesi.

"Sono un angelo, ma anche io provo sentimenti e anche io, per amore, ho creduto che tutto ciò sarebbe stato possibile. La dolcezza di un uomo e i suoi nobili pensieri hanno offuscato la ragione e sconvolta la mia mente; nel vedere te, nell'ascoltare le tue parole dette al vento, nel vederti commuovere davanti alla semplicità di una foglia che col vento sembra quasi danzare al canto degli uccelli, e le tue lacrime di gioia nel sentirti vivo, tutto ciò mi ha fatto innamorare. Ma ora mi rendo conto che l'amore è qualcosa di molto più intenso e incontrollabile e mi dispiace tanto di dover dire, proprio a te, che io ti amo."

Accelerò la sua corsa. Vidi il Mondo per la prima volta dall'alto e lo sentii tirarmi a sé con il suo immenso potere. Mi fece sentire debole, inutile, incapace di reagire alla sua maestosa potenza. Lo vidi elegante nel suo aspetto, apparentemente innocuo, ma che mi stava togliendo la vita; stava punendo la presunzione di poterlo sfidare. Udii un tonfo: vidi la giovane accasciata al suolo. La sua anima, con stupore, vidi anche essa. Era lì, sospesa su di lei. Sul mio viso, contratto dalla velocità con cui stavo precipitando, si posò una goccia: fu, per me, una sua lacrima. Chiusi gli occhi sorridendo alla mia fine. Non so dire che cosa sia accaduto. Forse è stato un semplice sogno o forse… non so proprio dire che cosa sia successo. Posso dire solamente che a me è parso tutto vero ed è ancora tutto nitido, scolpito nella mia memoria. Quando vengo preso da quei ricordi, quando i miei pensieri si volgono a rammentare quei giorni e quell’angelo, sento ancora i brividi e l'ebbrezza di quel sentimento che mi legarono a lei. Non so dire che cosa fu, ma l'amore di quella fanciulla era intenso e puro: mi disse un semplice “Ti amo”, ma dimostrò di avermi amato più della sua stessa vita, misteriosa come l'amore stesso.

*

[Autori]